4.07 Il classicismo - parte seconda

Beethoven e l'evoluzione dello stile

Beethoven

Beethoven nasce nel 1770 a Bonn e muore nel 1827 a Vienna: è dunque più vecchio di 14 anni rispetto a Mozart (1756-1791), e vive decisamente più a lungo. Compone 9 Sinfonie, 32 Sonate per pianoforte, 5 Concerti per pianoforte e orchestra e numerose altre composizioni sinfoniche e cameristiche. Come Mozart, è considerato un esponente del classicismo musicale, anche se il suo stile musicale evolve nel corso della sua vita, passando da uno stile esclusivamente classico ad uno stile compositivo più complesso per il quale si usa spesso il termine “preromantico”.

Beethoven vive in un mondo profondamente diverso da quello di Mozart, che, ricordiamolo, muore molto giovane, a soli 35 anni, quando Beethoven ha 20 anni.

Da un punto di vista politico, la Rivoluzione Francese del 1789 aveva cambiato il modo di vedere i sistemi di potere e (in parte) affermato gli ideali illuministi: negli anni successivi si assiste da un lato alle campagne napoleoniche che portarono i movimenti rivoluzionari francesi in molti paesi europei, dall’altro all’ascesa della borghesia, grazie anche ai cambiamenti economici dovuti alla Rivoluzione Industriale.

Il Romanticismo, che affronteremo più avanti e per il quale si considera l’anno 1830 come punto di partenza (per lo meno in musica), è uno stile che mette al centro l’uomo con le sue passioni, le sue forze e le sue debolezze, dando voce ai sentimenti: è figlio di una società in cui singoli individui (come Napoleone) o gruppi sociali (come la borghesia) sono stati in grado di rovesciare i sistemi di potere. Il classicismo, come abbiamo visto, era soprattutto basato sulla ricerca di un equilibrio, di simmetria e di bellezza, ed era figlio di un mondo basato su equilibri apparentemente imutabili. Nel passaggio graduale tra Classicismo e Rmanticismo si afferma un concetto nuovo, quello di libertà del singolo individuo di affermare e vivere le proprie passioni, anche in senso artistico.

Si può dire che Beethoven compia un percorso che collega questi due estremi. Da un punto di vista della scrittura musicale, il suo essere un compositore classico sta soprattutto nell’utilizzo della forma sonata, che però nelle sue mani diventa un’architettura possente e complessa, che talvolta stravolge il modello originale.

Una differenza importante tra le composizioni di Mozart e quelle di Beethoven sta nella durata: le Sinfonie di Mozart durano mediamente 15-20 minuti, quelle di Beethoven sono decisamente più lunghe, raggiungono i 45-50 minuti (ad esempio la III e la V) e addirittura la Nona Sinfonia supera l’ora di durata.

Un’altra differenza sta nella “massa” sonora utilizzata: l’orchestra usata da Beethoven è più grande, con più musicisti e più strumenti diversi tra loro. Da un punto di vista pianistico, Beethoven utilizza uno strumento che è più avanzato di quello di Mozart, e quindi più sonoro e potente. Per questo motivo, le sue composizioni sono spesso caratterizzate da una massa sonora maggiore, dall’uso di accordi e da una scrittura tempestosa e travolgente.

Ascoltiamo il primo movimento della Sonata op.13, composta nel 1798: questa sonata venne chiamata “Patetica”, un termine che per i poeti del tempo indicava uno stato di dolore e sofferenza spirituale capace di nobilitare l’animo. Si apre con un’introduzione lenta (tempo “Grave”) con possenti accordi e grandi contrasti di volume che sembrano descrivere un animo tormentato e carico di angoscia. L’Allegro, rigorosamente in forma sonata, è caratterizzato da un accompagnamento di ottave della mano sinistra, una scrittura che rende il tutto impetuoso e trascinante. Questo tipo di scrittura non sarebbe stato pensabile su uno strumento costruito negli anni ‘70 del Settecento, quando Mozart iniziò a scrivere per pianoforte. Beethoven può “immaginare” e realizzare un’idea sonora diversa grazie al fatto che ha a disposizione uno strumento più grande e forte.

Ascolta il primo movimento della Sonata op. 13 “Patetica”

Bisogna anche ricordare che, a differenza di Mozart, Beethoven non scrisse mai per clavicembalo. Beethoven come compositore “nasce” con il pianoforte: quando inizia a comporre è già il tempo in cui il clavicembalo non è più lo strumento alla moda, mentre il pianoforte si afferma come lo strumento più in voga del momento. Quindi non ci sono mai dubbi che le composizioni di Beethoven siano espressamente destinate al pianoforte.

Del resto Beethoven utilizza pienamente le potenzialità del pianoforte, come è evidente anche nel primo movimento della celebre sonata op.27 n.2 “Al Chiaro di Luna”: anche in questo caso il titolo non è di Beethoven ma fu dato alla Sonata qualche anno dopo la morte del compositore, per sottolineare l’atmosfera lunare di questa musica. L’effetto avvolgente e soffuso è dato dall’uso del pedale di risonanza, che in base alle indicazioni di Beethoven andrebbe tenuto premuto per tutto il pezzo, senza essere mai sollevato!

Se proviamo su un pianoforte moderno l’effetto dopo alcune battute è quello di una sovrapposizione di dissonanze, ma dobbiamo tenere presente che il suono del pianoforte al tempo di Beethoven aveva una persistenza e una risonanza minore, quindi i singoli suoni terminavano prima e non c’era un così fastidioso effetto di sovrapposizione ma - probabilmente - un effetto “sfuocato” a cui ben si addiceva il titolo scelto dall’editore.

Ascolta il primo movimento della Sonata op. 27 n.2

A proposito del titolo: abbiamo detto che non fu Beethoven a chiamare la Sonata “Al Chiaro di Luna”; è invece suo il sottotitolo “Sonata quasi una Fantasia”. Con questo sottotitolo Beethoven vuole indicare che si prende delle libertà rispetto ai codici della sonata classica: infatti il primo movimento non è un Allegro in Forma-Sonata.